Le “competenze trasversali” o “soft skills”, sono quelle che in azienda, ma anche nella vita, fanno la differenza.
E’ ovvio quindi che, al lavoro, si cerchi sempre più di sviluppare questi tratti caratteristici che, uniti alle competenze tecniche, diventano un valore aggiunto per tutti. Come fare però a sviluppare queste competenze? La formazione esperienziale risponde appunto a questo fondamentale bisogno. Come suggerisce il nome, è una tipologia di formazione che parte dall’esperienza, ribaltando così l’approccio utilizzato dalla formazione tradizionale, la quale muove i suoi passi a partire dalla teoria e mettendo in pratica solo in un secondo momento gli insegnamenti ricevuti. Nell’esperienziale, l’input non è “bene, te l’ho spiegato, adesso fai” ma è proprio il contrario: “fai, sbaglia, capisci, impara, ottimo…adesso puoi fare corretto!“.
I punti forti che si vogliono sfruttare con il suo utilizzo sono la possibilità per il partecipante di mettersi in gioco completamente, da un punto di vista cognitivo e contemporaneamente anche emozionale. Tutti i partecipanti vengono messi alla prova tramite attività sconosciute e spogliati dei ruoli aziendali. Ognuno è chiamato a mettere in campo le caratteristiche personali di adattamento e creatività. La situazione proposta è assolutamente concreta e permette di valutare e osservare immediatamente i risultati di ogni comportamento e decisione. Il forte coinvolgimento e la possibilità di imparare divertendosi, assicurano una capacità di comprendere, imparare e ricordare elevatissima, assicurando un impatto decisivo sulla formazione delle persone.
Le tipologie di formazione esperienziale sono diverse e fondamentalmente suddivisibili in attività centrate sul problem solving (caso da risolvere), formazione outdoor (orienteering, costruzioni, ecc) e attività metaforiche (team cooking, team rugby). La principale finalità è di sviluppare competenze trasversali come team working, problem solving, negoziazione, ascolto, capacità decisionali, orientamento al risultato, capacità di pianificazione, flessibilità e leadership. Queste sono solo alcune delle competenze sviluppabili attraverso questo approccio.
Sarà cura del formatore decidere e pianificare le attività in base agli obiettivi che l’intervento formativo si è prefissato. La criticità nel raggiungimento degli obiettivi risiede, come in ogni attività, nell’attenzione posta in fase di pianificazione, e nella capacità di utilizzo di questo strumento. Il rischio che si corre è che l’attività venga percepita solo come una divertente “scampagnata” in cui magari i colleghi si potranno conoscere meglio, ma alla fine il risultato nell’operatività aziendale potrebbe essere nullo.
Ecco perché è fondamentale seguire meticolosamente ognuna delle fasi tipiche della formazione:
1) l’analisi dei fabbisogni formativi, comprendendo quali siano esattamente le competenze da sviluppare e allineando le aspettative;
2) la progettazione, individuando il filo conduttore delle attività e il necessario per svolgerle;
3) lo svolgimento che dovrà prevedere: a) un’introduzione alla metodologia e la condivisione degli obiettivi, b) un’attività finalizzata a far conoscere meglio i partecipanti fra loro aldilà del ruolo aziendale, c) il briefing in cui si enunciano le attività e si condividono le regole, d) lo svolgimento vero e proprio delle attività, e) il debriefing, in cui si andranno a condividere attraverso diverse metodologie i feedback, le sensazioni, le analisi e le conclusioni a cui i partecipanti sono arrivati, f) sistematizzare ciò che si è raccolto e esplicitare quali siano le esperienze da ritrasferire nell’attività lavorativa di tutti i giorni;
4) Valutazione: come ogni attività formativa, poi, si devono andare a verificare i risultati e l’impatto della formazione a distanza di tempo, attraverso coaching individuale o incontri in gruppo.
Viste le quattro fasi, è opportuno ricordare che la scelta delle esercitazioni da far fare è fondamentale. Sbagliare la proposta formativa equivale a far saltare tutto il progetto e a non raggiungere gli obiettivi.
Detto questo, io punto però sempre il dito sul debriefing. E’ quella la vera anima dell’experiential learning! Un debriefing superficiale, poco analitico, non porterà ai risultati sperati. Paradossalmente, più errori ci sono nello svolgimento dell’esercitazione, più ricco sarà il debriefing e più i partecipanti “porteranno a casa” informazioni utili da rielaborare e da applicare in ambito lavorativo. Se il docente “ha paura di affondare il coltello” nella fase di debriefing, il valore della formazione sarà pressochè nullo.
Insomma, non vi siete ancora convinti a provare? A presto…in campo!
* Un grazie di cuore a Silvia Barbini per aver collaborato alla stesura di questo pezzo.